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Immagine del redattoreSANI E INFORMATI

PAZIENTI GONFIATI DI PILLOLE

Nascimben Andrea



Il problema della sindrome Polifarmaco è che più farmaci prendi, e più è probabile che presenti qualcuno degli effetti collaterali, che potrebbe essere poi interpretato dal medico come sintomo di una malattia per la quale serviranno ulteriori medicine, un drammatico circolo vizioso senza fine.


Gli anziani sono particolarmente vulnerabili alla sindrome del Polifarmaco, e un ricovero ospedaliero su tre fra gli over-75, negli USA, è la conseguenza delle reazioni negative dei farmaci (stime del CDC americano)



Tra il 2007 e il 2012 la maggior parte delle dieci più grandi case farmaceutiche sono state multate per diversi reati tra cui pubblicità finalizzata a divulgare l’uso di farmaci al di fuori del loro uso terapeutico, rappresentazione fuorviante dei risultati della ricerca, e occultamento dei dati sui danni collaterali.



Ma in quale misura le multe agiscano effettivamente da deterrente è più che discutibile, poiché la motivazione principale è sempre e comunque il profitto e il tempo che intercorre tra la messa in commercio di sostanze che non dovrebbero essere vendute e il tempo in cui arriva la sentenza consente all'industria di poter accumulare guadagni da potersi permettere, abbondantemente, pagamento dell'ammeda e difesa legale.


Nel 2012 la Glaxo Smith Kline ha ricevuto una multa da 3 miliardi di dollari – la più grande della storia del sistema sanitario USA – per marketing illegale di diversi farmaci, tra cui antidepressivi, antidiabetogeni, e un antiepilettici.


Eppure, nel periodo in cui è durato il processo, la Glaxo ha accumulato profitti per oltre 25 miliardi di dollari dalla sola vendita di questi stessi farmaci.


Le riviste mediche e i media possono essere manipolati non solo come mezzi di marketing per l’industria, ma anchediventare complici nel silenziare tutti quelli che chiedono maggiore trasparenza e un esame più indipendente dei dati scientifici.



In effetti l’evidenza che sta emergendo suggerisce che, nel migliore dei casi, i benefici delle statine sono stati grossolanamente esagerati, e gli effetti collaterali trascurati.

Due gruppi di ricerca indipendenti in Giappone e in Francia hanno messo in discussione l’affidabilità di molti dei precedenti studi, sponsorizzati dall’industria farmaceutica, che sostenevano i benefici delle statine.

In effetti la ricerca giapponese si è spinta al punto di suggerire che le statine siano una delle cause dell’aumento dei casi di insufficienza cardiaca nella popolazione.


Nel frattempo il noto cardiologo Michel De Lorgeril ha affermato che tutti gli studi pubblicati dopo il 2006 “non mostrano alcun beneficio” delle statine per la prevenzione del rischio cardiovascolare, in nessuno dei gruppi di pazienti.





Alcuni studi sulle statine

HONOLULU HEARTH PROGRAM (2001)

Questo studio, ha indagato l’effetto dell’abbassamento del colesterolo negli anziani. I ricercatori hanno raffrontato i cambiamenti nelle concentrazioni di colesterolo in 20 anni con tutte le cause di morte. Citando il lavoro:

“I nostri dati sono in accordo con i risultati di studi precedenti e mostrano che vi è un aumento di mortalità tra gli anziani che hanno bassi livelli di colesterolo e che la persistenza di bassi livelli di colesterolo nel tempo di fatto aumenta il rischio di morte. Pertanto, il rischio di morte aumenta, quanto prima si inizia ad abbassare il colesterolo. I nostri dati suggeriscono che in quegli individui in cui il colesterolo è tenuto basso

chimicamente per 20 anni l’incidenza di morte sarà maggiore”.


MIRACL (2001)

Lo studio MIRACL ha indagato gli effetti di alte dosi di Lipitor su 3086 pazienti ospedalizzati per angina pectoris e infarto cardiaco non-fatale per un periodo di 6 settimane.

Secondo l’estratto dello studio :

“Nei pazienti con sindrome acuta coronarica, il farmaco atorvastatina, 80mg/die, riduce gli eventi ischemici ricorrenti nelle prime 16 settimane e quindi il ricorso alla ospedalizzazione”.

Quello che l’estratto non menziona è che non ci fu nessun cambiamento nel tasso di mortalità in raffronto al gruppo controllo (quello che non ha assunto il farmaco) e nessun cambiamento significativo ell’incidenza dei reinfarti o nel ricorso alla rianimazione nel caso di arresto cardiaco. Il solo cambiamento fu un significativo calo nel ricorso al ricovero ospedaliero.


HEART PROTECTION STUDY (2002)

Condotto alla Università di Oxford,questo studio ha ricevuto una notevole attenzione dai mass media. I ricercatori affermavano che “notevoli benefici” si potevano avere dai farmaci che abbassano il colesterolo. Secondo un commentatore, le statine sarebbero diventate la “nuova aspirina”

Ma come ha sottolineato il Dr Ravnskov, i benefici erano tutt’altro che notevoli.

Coloro che avevano assunto la simvastatina avevano un tasso di sopravvivenza dell’87,1% dopo 5 anni rispetto all’85,4% del gruppo controllo.

E i morti non presentavano quasi mai livelli alti di colesterolo e quando vi erano era sempre in associazione con altri fattori di rischio.

Gli autori di questo studio non hanno mai pubblicato i dati cumulativi delle morti, nonostante le numerose richieste. Secondo gli autori, fornire un resoconto delle morti anno per anno sarebbe un “inappropriato” modo di pubblicare i risultati dei loro studi.



Forse dovremmo chiederci quanto le agenzie di controllo sui farmaci sia Nazionale che Europea, possano essere indipendenti e quanto i suoi giudizi nel raccomandare l’uso di un certo farmaco possa essere affidabili quando si basano su studi finanziati e pubblicati dalle stesse farmaceutiche.


Forse la classe medica dovrebbe, prima di qualsiasi altra categoria, iniziare a porsi delle domande, leggendo con attenzione anche l'epidemiologia indipendente, invece di affidarsi alle informazioni provenienti dall'industria o applicando pedissequamente le cosiddette "Line Guida" ....




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